Esposizione ad arsenico ed effetti sulla salute: i risultati del progetto SEpiAs


immagine convegno conclusivo progetto sepias, Roma 9 magggio 2014ARS NEWS – 12/05/2014
Il 9 maggio a Roma sono stati presentati i risultati del progetto nazionale SEpiAs - Sorveglianza epidemiologica in aree con inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa. Il progetto ha valutato gli effetti dell’esposizione umana ad arsenico e definito un set di indicatori per promuovere un sistema avanzato di sorveglianza ambiente-salute. Lo studio è stato condotto in residenti di aree con presenza accertata di arsenico di prevalente origine naturale (Amiata e Viterbese) e di origine industriale (Taranto e Gela). L’ARS Toscana ha partecipato allo studio collaborando alla caratterizzazione ambientale e sanitaria dell’area amiatina.
 

Gli effetti dell’arsenico

Già 30 anni fa l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha valutato l’arsenico (As) e i composti arsenicali come cancerogeni per l’uomo e ha considerato nel 2004 la cancerogenicità certa dell’arsenico in acqua per uso umano. Ingestione di acqua e alimenti contaminati, inalazione e contatto dermico sono le principali vie di esposizione per l‘uomo e gli effetti avversi dipendono da dose, durata e frequenza di esposizione, da consumi e abitudini alimentari.

L’interesse per l’esposizione a questa sostanza e per le conseguenze sulla salute è cresciuto negli anni. Ma l’attenzione si è rivolta non solo alle comunità esposte a livelli elevati, ma anche alle popolazioni esposte a dosi moderate di arsenico inorganico o delle forme organiche e alle conseguenze sulla salute per diverse patologie non tumorali sebbene ancora con evidenze insufficienti o limitate: malattie cardiovascolari, diabete e disordini neurologici.

La metodologia dello studio SEpiAS
Il disegno dell’indagine è epidemiologico osservazionale campionario, multicentrico, basato sulla misura di marcatori biologici e di rischio preclinico. Per ciascun soggetto reclutato (età 20-44 anni) è stata prevista:
  • un’intervista tramite questionario standardizzato su dati antropometrici, storia residenziale, condizioni socio-economiche, esposizioni ambientali e occupazionali, stile di vita
  • un prelievo di sangue
  • il prelievo di un campione di urine
  • la misura non invasiva di parametri clinici cardiovascolari

Sono stati reclutati, stratificati per sesso e per 3 classi di età, 290 soggetti nelle 4 aree, dei quali su 271 è stato possibile l’intervista tramite questionario e il dosaggio dell’arsenico urinario (58 in Amiata, 72 nel Viterbese, 50 a Taranto, 91 a Gela). Sono stati indagati marcatori di esposizione, marcatori molecolari ed epigenetici, marcatori di danno al DNA, di stress cellulare e di apoptosi e marcatori di rischio cardiovascolare.

I principali risultati del progetto e focus sull'area amiatina
I livelli di arsenico organico (MMA+DMA) e inorganico (Asi) urinario sono risultati variabili sia all’interno di ciascuna area che tra le 4 diverse aree: i campioni dei volontari di Gela e Taranto presentano i livelli più elevati; in una posizione intermedia quelli di Viterbo, mentre i valori del campione amiatino risultano i più bassi.

Poiché il tema della definizione dei valori di riferimento è ad oggi una questione ancora aperta su cui il mondo scientifico internazionale si confronta, lo studio Sepias ha utilizzato 4 criteri differenti per definire i valori alti di arsenico nelle urine (i cosiddetti outlier):
  • Per quanto riguarda in particolare i livelli di arsenico inorganico, la forma biologicamente più problematica, se si utilizza un confronto interno e si prende a riferimento il 95° percentile della distribuzione di tutto il campione, ossia 25 µg/l, 1 solo campione dell’Amiata risulta in eccesso.
  • Per l'arsenico totale, se si prendono come riferimento i valori individuati dalla SIVR (Società italiana valori di riferimento), solo 7 campioni amiatini (12%) superano il limite di 15 µg/l. Più elevate le percentuali per le altre aree: 40% a Gela, 30% a Taranto e 14% nel Viterbese.
  • I risultati riscontrati per l'arsenico totale sono sovrapponibili a quanto si ottiene per l'arsenico inorganico se si usa il valore proposto da Hays et al. (>3.86 µg/l).

Il dato del superamento del livello di riferimento, da usare in ogni caso con cautela perché basato su poche osservazioni campionarie, non esprime un rischio di malattia ma testimonia solo il livello di esposizione dei soggetti campionati. 
 
Tenuto conto di fattori di confondimento e di modificazione di effetto, dalle analisi effettuate è emerso che nelle donne dell'Amiata e nei soggetti di entrambi generi del Viterbese i livelli di arsenico risultano minori per coloro che hanno dichiarato di usare acqua imbottigliata, mentre sono superiori (ma sempre entro i limiti di riferimento sopra indicati) per chi utilizza acqua dell'acquedotto per bere e cucinare. Circa l’esposizione lavorativa, appaiono rilevanti le indicazioni emerse per gli uomini dei campioni di Taranto e Gela, che hanno mostrato eccessi del valore medio di ASi in associazione a diverse esposizioni occupazionali auto-dichiarate, quali silice o lana di vetro, asbesto, derivati del petrolio, prodotti chimici.

Le considerazioni conclusive
Nonostante la scarsa numerosità del campione, i ricercatori concludono dando indicazioni specifiche per ciascuna delle 4 aree. Per quanto riguarda l’Amiata non si riscontrano situazioni di particolare criticità: si suggerisce di proseguire la sorveglianza ripetendo periodicamente il biomonitoraggio umano, senza però particolari approfondimenti.

Diversa la situazione per le altre 3 aree, per le quali i livelli di arsenico misurati nelle urine impongono invece di proseguire il biomonitoraggio e di fare ulteriori approfondimenti su dieta, rischi cardiovascolari e profili occupazionali.

I  materiali, i metodi e i risultati di SEpiAs sono raccolti nel Supplemento della rivista Epidemiologia & Prevenzione 38(2);Maggio-Agosto 2014


Per approfondire