Manca ancora un modello organizzativo unitario


SOLE 24 ORE SANITA' TOSCANA 11 giugno 2013 pag. 2
FOCUS DELLA RICERCA NAZIONALE SULLE RESIDENZE SANITARIE

Il 3% degli anziani in Italia vive nelle Residenze sanitarie assistenziali(Rsa) e in futuro attendiamo un incremento della domanda.
Oggi, la denominazione stessa di queste strutture, così come i loro requisiti, le politiche tariffarie e le regole di accesso sono profondamente diverse nelle differenti regioni d’Italia. Per questo, con il supporto finanziario del ministero della Salute - Ccm è stato realizzato il progetto «Il monitoraggio della qualità dell’assistenza in Rsa» - utile a offrire un contributo agli attuali differenti sistemi di gestione dell’assistenza indicando loro appropriate misure della loro qualità - i cui risultati sono stati presentati il 7 maggio 2013 a Roma presso lo stesso ministero della Salute.

Tali risultati, che saranno pubblicati a breve, hanno consentito di individuare alcune direttive concettuali condivise e immediatamente fruibili. Dai requisiti di qualità individuati e dagli indicatori sviluppati e misurati dal gruppo di progetto - costituito da ricercatori ed esperti di Toscana, Liguria ed Emilia Romagna e dell’Istituto superiore di Sanità - è emerso con chiarezza come sia opportuno consolidare le risposte già valide, promuovere interventi innovativi e utilizzare metodi adeguati per misurare l’efficacia delle politiche che riguardano le Rsa e, più in generale, gli stati di fragilità e di non autosufficienza degli anziani. Prima di tutto è necessario comprendere e ricordare quanto l’equilibrio tra luogo di vita e luogo di cura rischia di essere sbilanciato dalla crescente necessità di prestazioni sanitarie complesse, così com’è da capire quanto i professionisti sanitari abbiano una formazione adeguata per operare in questo specifico e delicato contesto. È opportuno un sistema di accreditamento istituzionale che guardi ai requisiti strutturali, ma anche ai processi assistenziali e ai loro esiti e sia arricchito con un accreditamento professionale di chi opera in Rsa.
La mancanza di un modello organizzativo unitario di riferimento è la principale causa di variabilità e quindi di rischio di non qualità e non equità. Esistono, poi, problemi sociosanitari cruciali per l’impatto che hanno sulla salute dei cittadini ospitati in Rsa che richiedono innovazione della gestione, ma anche del patrimonio tecnologico: basti pensare all’applicazione di quanto oggi già offre la domotica. Da ricordare poi come l’Rsa è spesso l’ultima casa, l’ultimo domicilio conosciuto di una persona anziana. Una valutazione pertinente e valida deve quindi usare indicatori in grado di misurare i requisiti di umanizzazione dell’assistenza e di qualità della vita di relazione.
In conclusione, i risultati del progetto hanno fatto emergere con forza come questa popolazione, costituita da persone anziane, fragili socialmente e fisicamente, spesso non autosufficienti e non raramente con disturbi cognitivi importanti, abbia bisogno di risposte “vere” e adeguatamente finanziate, per evitare di farla precipitare in situazioni di scarsa o scarsissima qualità di vita.
La lettura integrata del set d’indicatori individuati dai ricercatori del progetto dimostra che adottare sistematicamente gli stessi strumenti di screening, le stesse scale, gli stessi interventi per lo stesso tipo di bisogno possa essere efficace, anche e soprattutto in setting assistenziali diversi dalle Rsa, ma comunque rivolti a cittadini nelle stesse condizioni. Forse il primo insegnamento che si può trarre da questa ricerca, tra i tanti stimoli a misurare e a fare, è che quest’unica e semplice misura sarebbe di per sé già in grado di offrire soluzioni di più alto valore rispetto a quelle attuali, limitando gli ambiti di discrezionalità di giudizio dei singoli professionisti e degli apparati decisionali.

Francesca Collini
Ars Toscana

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