La qualità dell’assistenza nelle cure di fine vita: il Report 2016

L'aggiornamento dei dati e degli indicatori


9/4/2018
coperta rapporto cure palliative 2018Dopo l’uscita a maggio 2017 del Documento ARS n. 93 La qualità dell’assistenza nelle cure di fine vita, viene ora pubblicato questo report, in una edizione più sintetica in cui sono stati aggiornati i dati e introdotti altri indicatori. La necessità di questa edizione deriva dall’interesse suscitato tra i professionisti della nostra regione e dall’entrata in vigore della legge 219/2017 che regolamenta il consenso informato e le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT).
Queste due contingenze ci hanno fatto comprendere quanto sia importante mantenere alta l’attenzione su questo tema monitorando il profilo assistenziale nell’ultimo mese di vita, sia dei pazienti oncologici che di quelli affetti da patologie croniche, nell’ottica del miglioramento continuo del nostro sistema sanitario, in una materia così eticamente rilevante.

Tra i principali rilievi si osserva, nel 2016, un cospicuo ricorso a cure ad alto livello di intensività e invasività. Quasi due terzi dei pazienti hanno effettuato almeno un accesso al pronto soccorso, e il 75% ha effettuato almeno un ricovero ospedaliero nell’ultimo mese di vita. Il 13% dei pazienti ha attivato un percorso domiciliare con i servizi territoriali, l’11% si è rivolto all’hospice, e un 2% ha attivato sia un percorso di cure domiciliari che in hospice. Nel 4% dei pazienti è stata effettuata nuova almeno una seduta di chemioterapia e nel 3,6% di radioterapia. Un paziente con patologia neoplastica su cinque ha fatto uso di oppioidi a domicilio, mentre la percentuale è del 6% se si tratta di malattie croniche.

Malgrado la consapevolezza di una specificità territoriale, non sempre si riesce a rappresentarla con precisione tramite i flussi amministrativi, con conseguente rischio di sottostima dei dati. L’immagine che ne risulta è quella di un’attivazione troppo tardiva e poco pianificata delle cure palliative e che vede la necessità di migliorare prioritariamente gli atteggiamenti culturali dei medici e la comunicazione con il paziente.



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