Angioplastica coronarica transluminale percutanea: equità nell’accesso al trattamento in Toscana


immagine Il ricorso all’angioplastica in ToscanaARS NEWS - 03/01/2014
L’Osservatorio per la qualità e l’equità dell’ARS in collaborazione con l’unità di epidemiologia e biostatistica dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, la Fondazione toscana G. Monasterio ed il Dipartimento di statistica G. Parenti dell’Università degli Studi di  Firenze ha condotto un’indagine sull’equità di accesso all’angioplastica coronarica transluminale percutanea (ACTP) in pazienti con infarto miocardico acuto in Toscana nel periodo 2001-2008.

I risultati della rilevazione, condotta su flussi informativi correnti regionali, scheda di dimissione ospedaliera (SDO), anagrafe degli assistibili (ATA) e dati di censimento, saranno pubblicati a breve nel numero di novembre/dicembre della rivista Epidemiologia e Prevenzione.

Il ricorso all’angioplastica: il trend 2001-2008 e i nuovi dati 2012
Partendo dal successo dell’ACTP nella prevenzione della mortalità in pazienti con infarto STEMI, l’obiettivo dell’indagine è stato quello di valutare l’equità nell’accesso ed eventuali disuguaglianze nell’utilizzo di questa metodica e monitorare l’evoluzione del fenomeno nel tempo e le possibili interazioni con fattori di discriminazione (età, genere, deprivazione individuale e di area).

Nonostante permangano nel tempo alcune differenze di genere (le donne ricorrono meno all’ACTP degli uomini), è evidente una crescita significativa generale nel ricorso alla procedura nei pazienti ricoverati per infarto STEMI: si passa infatti dal 26,6% del 2001 al 57,4% per il 2008.
L’aggiornamento delle analisi, appena condotto, mostra che anche nel 2012 il trend è ancora in costante aumento raggiungendo il 63,9%.

Date le differenze territoriali, il ricorso appare meno diffuso nelle aree più deprivate e nei comuni montani. Tuttavia i risultati mostrano nel tempo un trend di convergenza che quasi annulla la differenza iniziale. Il divario, che nel 2001 era particolarmente evidente (9,7% per le aree più deprivate contro il 33,1% per quelle caratterizzate da bassa deprivazione), si è ridotto sensibilmente nel corso del tempo (48,4% contro 59,8%).

Considerando il concomitante miglioramento delle strutture sanitarie di riferimento nel territorio regionale, possiamo concludere che la disponibilità di strutture e servizi ospedalieri adeguati per l’utilizzo della procedura potrebbe spiegare il fenomeno.


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