Epatiti virali: dal decimo al settimo posto tra le cause di morte al mondo


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Le epatiti virali rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica per la prevalenza osservata, l’alta percentuale di casi clinicamente non manifesti, che rappresentano un’importante fonte di contagio, l’elevata percentuale di cronicizzazione dell’infezione, che può portare ad un’evoluzione verso la cirrosi epatica ed il carcinoma epatocellulare, cui conseguono un elevato numero di morti e infine per il rilevante impatto sociale nella vita di relazione.

A tutto ciò si aggiunge il significativo peso economico dell’infezione: non solo per i costi diretti, relativi al trattamento, ma anche per quelli indiretti, legati alla perdita di produttività ed alla morte prematura dei soggetti infetti. Questi costi aumentano esponenzialmente in relazione al progressivo aggravamento della malattia.

Date queste premesse, nel 2010, l'Organizzazione mondiale della sanità con la risoluzione WHA 63.18 ha riconosciuto l’epatite virale come un problema di salute globale e ha sottolineato la necessità di attuare misure per la sua prevenzione, diagnosi e trattamento. Il 24 maggio 2014, una risoluzione di follow-up rinnovava l’invito a tutti gli Stati membri a sviluppare e attuare strategie nazionali basate su dati epidemiologici.

Attualmente, uno degli obiettivi del Piano di prevenzione per le epatiti virali (PNEV) è quello di porre le basi per un accesso alle cure uniforme su tutto il territorio italiano, finalizzato alla salvaguardia della equità e della qualità che il SSN ha sempre garantito e che, alla luce delle recenti acquisizioni in termini di terapie innovative contro l’HCV, assicuri a tutti i pazienti l’accesso alle nuove terapie, per le quali sono documentati tassi di guarigione più elevati rispetto alle terapie disponibili in passato.

I più recenti trattamenti antivirali sono capaci di eradicare l’infezione nella maggior parte dei pazienti, anche in quelli precedentemente considerati “difficili da trattare”. La maggior difficoltà con questi nuovi trattamenti rimane il loro costo elevato, che rende difficoltosa la loro estensione ad un più elevato numero di pazienti infetti, soprattutto in aree a risorse limitate.

A fronte di questi grandi cambiamenti, numerosi studi sono stati condotti per comprendere qual è il “carico” delle epatiti virali a livello globale. In particolare, un recente lavoro di Stanaway et al., pubblicato su Lancet, ha valutato mortalità e morbidità causate da epatite virale acuta, cirrosi e cancro del fegato, conseguenti alle epatiti virali, stratificati per età, sesso e paese negli anni dal 1990 al 2013. E’ stata stimata la mortalità sulla base della storia naturale dell’epatite acuta e del Global burden, secondo un modello che comprende le cause di morte secondarie alla cirrosi e al cancro del fegato, la prevalenza totale, la percentuale imputabile a cause specifiche e l’attesa di vita (anni) corretta per disabilità.
I risultati dello studio mostrano che, tra il 1990 e il 2013, le morti per epatite virale a livello mondiale sono notevolmente aumentate passando da 0.89 milioni a 1.45 milioni. Sebbene l’aumento di mortalità assoluta e disabilità possano essere influenzate anche dai cambiamenti demografici, in particolare dalla crescita della popolazione, l'epatite virale rappresenta la settima principale causa di morte nel mondo, mentre era la decima nel 1990 e vaccini e nuovi trattamenti antivirali costituiscono un’importante opportunità per migliorare la salute pubblica.