Immigrazione, gravidanza e parto (febbraio 2013)


2013 02 09 ps presentazione dafre immigrazione natalita per sitoLa presentazione analizza la salute riproduttiva delle donne immigrate in relazione alla gravidanza, alla nascita e all’aborto (spontaneo o volontario), al fine di valutarne le differenze di comportamento e di assistenza rispetto alle donne italiane. I principali flussi sanitari correnti impiegati a tale scopo sono il certificato di assistenza al parto (CAP), le dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo (AS) e l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG).

La gravidanza e l'accessibilità ai servizi sono al centro di un'analisi che passa per le caratteristiche socio-demografiche delle madri, la struttura/figura di riferimento, gli esami, le visite, le ecografie, la diagnosi prenatale e gli esiti del parto. Emerge che la struttura/persona di riferimento in gravidanza è per le donne italiane il ginecologo privato (74%), mentre le donne straniere provenienti da paesi a forte pressione migratoria (straniere PFPM) si rivolgono prevalentemente al consultorio (66%).

Le straniere PFPM accedono tardivamente alle strutture sanitarie, ma il numero di prestazioni sanitarie da loro effettuate risulta in linea con le raccomandazioni regionali e internazionali. Il quadro dell’assistenza in gravidanza è buono e in miglioramento: diminuiscono nel tempo le percentuali delle donne che non effettuano nessuna visita o nessuna ecografia, che effettuano meno delle tre ecografie consentite gratuitamente dal protocollo regionale e che effettuano la prima visita dopo il terzo trimestre di gravidanza. Il minor ricorso alle diagnosi prenatali da parte delle straniere PFPM deriva dalla minor probabilità che il test sia offerto. L’analisi degli esiti del parto evidenzia infine un maggior rischio di prematurità riguardante, però, solo alcune etnie.

Per quanto riguarda gli aborti risulta esistere un maggior rischio di abortività volontaria tra la popolazione straniera, in particolare in alcune etnie e, rispetto alle donne italiane, il rischio più elevato nelle fasce di età più avanzate. La relativa certificazione risulta avvenire prevalentemente presso il consultorio, mentre l’intervento in età gestazionali più avanzate rispetto alle italiane. È infine segnalata la necessità di tenere sotto controllo il fenomeno dell’IVG ripetuta.

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