Droga per endovena e mortalità, la review dell’Organizzazione mondiale della sanità


immagine droga per endovenaARS NEWS - 25/02/2013
Le persone che consumano droghe, soprattutto per via endovenosa, hanno un rischio molto più alto di morte, sia per cause acute che croniche, rispetto a chi non ne fa uso. La conferma arriva dall’articolo pubblicato sul Bullettin of the World Health Organization, in cui vengono riportati i risultati di una review sistematica con un’accurata meta-analisi sul tema.

La review ha selezionato solo studi di coorte con dati di mortalità in cui almeno il 70% del campione assumeva droghe per endovena: 67 sono stati i lavori inclusi nell’analisi finale. Considerata l’eterogeneità dell’ambito di studio, sono state suddivise le coorti in sottogruppi e poi confrontate tra loro rispetto a: genere (maschi vs. femmine); droga iniettiva primaria (oppioidi vs. stimolanti); sieropositività rispetto all’HIV (positivo vs. negativo); trattamento della dipendenza (in trattamento vs. non in trattamento).

I dati della review dell’OMS
La mortalità associata all’uso di sostanze iniettive è maggiore negli uomini (rapporto tra i tassi di mortalità M/F = 1,32). Tuttavia nelle donne la differenza tra la mortalità da droga per endovena e la mortalità generale delle coetanee, non consumatrici di droghe, è molto più elevata di quella rilevata nella popolazione maschile.

Non sono emerse invece differenze nei decessi tra paesi a basso-medio reddito e quelli ad alto reddito, se non una più elevata mortalità nei primi, dovuta però con tutta probabilità ad una più alta mortalità generale.

Coerentemente con quanto emerso da studi randomizzati controllati, anche la review conferma che il trattamento di mantenimento dei tossicodipendenti da sostanze iniettive con agonisti degli oppiacei (naltrexone, metadone, buprenorfina, ecc.) è associato ad un ridotto rischio di morte. Inoltre, come atteso, la mortalità è molto più alta tra soggetti che utilizzano droghe per endovena e che sono HIV+ rispetto a coloro che sono HIV-. Overdose e AIDS sono infatti di gran lunga le più comuni cause di morte tra questi soggetti.

Molti dei fattori legati all’alta mortalità potrebbero essere modificati: devono pertanto diventare una priorità della sanità pubblica azioni come i programmi di trattamento di mantenimento con agonisti degli oppiacei, così come la prevenzione della trasmissione dell'HIV tra le persone che si iniettano droghe (tra questi, il trattamento antiretrovirale, la fornitura di aghi e siringhe nuovi monouso).

Droga e mortalità in Italia e in Toscana
In Italia, come riportato nella Relazione annuale al Parlamento 2012, sono 362 i decessi per overdose da stupefacenti nell’anno di riferimento.

In Toscana, i dati del Registro regionale di mortalità attestano che dal 1988 al 2009 (ultimo anno disponibile) sono decedute in tutto 916 persone (17 nel 2009). Di questi, circa il 13% erano femmine ed oltre la metà aveva un’età compresa tra i 30 e i 39 anni. Nella nostra regione, come nel resto del paese, la mortalità da overdose ha mostrato un andamento in crescita fino alla prima metà degli anni ’90, per poi decrescere nel tempo in modo più o meno costante.

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