Qualità dell'aria ed effetti sulla salute: un problema sempre attuale


smog cittL’inverno 2015-2016 sta catturando l’attenzione dei media nazionali e locali per i ripetuti sforamenti delle medie giornaliere del PM10, che per la normativa non possono essere più di 35 in un anno. Le particolari condizioni meteorologiche di questa stagione, con inversione termica e assenza di piogge, sono sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti nell’aria, determinando concentrazioni di PM oltre le soglie consentite.

Superando l’approccio emergenziale e allarmistico proviamo a fare il punto della situazione sulle principali questioni riguardanti la qualità dell’aria e gli impatti sulla salute, a livello nazionale e regionale.

1.  Com’è la qualità dell’aria in Italia e in Toscana?
Secondo i dati dell’ultimo report dell’Agenzia ambientale europea (EEA- European Environmental Agency) sulla qualità dell’aria in Europa nel corso del 2013 il superamento del limite giornaliero del PM10 si osserva in 22 Stati su 28, in una o più stazioni di rilevamento. Soltanto in Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito non si sono verificati superamenti. L’Italia, insieme ai paesi dell’Est Europa, mostra il maggior numero di superamenti, con una situazione particolarmente critica nella Pianura Padana e con sforamenti anche nella zona fiorentina e nella piana lucchese.

concentrazioni pm10 2013

2.  Quali sono le principali fonti di inquinamento e come sono variate le emissioni negli ultimi anni?

Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli sforzi in tema di riduzione e prevenzione dell’inquinamento atmosferico nelle aree metropolitane. Secondo i dati più aggiornati, l’Agenzia Ambientale Europea (EEA) ha registrato in Europa nel periodo 2002-2011 un generale miglioramento dell’inquinamento dell’aria con riduzioni delle emissioni di PM primario (-14% per i PM10 e -16% per PM2.5, -27% per gli ossidi di azoto).

A livello nazionale, le emissioni di PM10 nel periodo 1990-2013 hanno avuto una riduzione del 17%
. Il settore del trasporto stradale, grazie al rinnovamento del parco veicolare, presenta una riduzione nello stesso periodo pari al 55,7% e contribuisce alle emissioni totali con una quota emissiva del 12,2% nel 2013. Le emissioni provenienti dalla combustione non industriale (riscaldamento domestico) rappresentano nel 2013 il settore più importante, con il 59,5% delle emissioni totali. Dal 1990 al 2013 le emissioni di questo settore sono più che triplicate, anche a causa dell’incremento della combustione di biomassa legnosa (fonte: ISPRA). I processi di combustione nell’industria hanno ridotto le proprie emissioni del 77%, con un peso sul totale pari al 3,4% nel 2013.
Le emissioni di ossidi di azoto (NOx) mostrano un trend decrescente costante dal 1990, con una riduzione del 50% nel periodo 1995-2013. Dal 1995 il settore del trasporto stradale è il principale responsabile delle emissioni di NOx, con valori di oltre la metà delle emissioni, soprattutto a causa dei motori diesel. Le recenti notizie sull’innalzamento dei limiti di emissione per le autovetture, deciso dall’Europarlamento, che ha fatto seguito allo scandalo Volkswagen, non aiuteranno a migliorare la situazione.


3.  Qual è l’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico in Italia e in Toscana?
Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute sono ormai ben documentati e riguardano problemi acuti e cronici, principalmente dell’apparato respiratorio e cardiovascolare. E nel 2013 la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha classificato l’inquinamento atmosferico come cancerogeno certo per l’uomo.
Le stime di impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute più aggiornate a livello nazionale sono quelle prodotte nell’ambito del Progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute), finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della Salute.

Per il 2010 il progetto ha stimato:
  • 21.524 decessi attribuibili all’esposizione della popolazione italiana al PM2,5, equivalenti al 7% del totale dei decessi per cause naturali. Di questi, circa il 65% è residente al Nord, con il tasso di mortalità più elevato in Lombardia. La Toscana (vedi figura 1), con un tasso pari a circa 60 decessi attribuibili ogni 100.000 abitanti, si attesta sui valori medi delle regioni del Centro, tra le quali occupa la seconda posizione dopo il Lazio.
  • 11.993 decessi complessivi in tutta Italia per l’esposizione a biossido di azoto, con un gradiente decrescente dal Nord al Sud. Tra le regioni italiane, il tasso di mortalità attribuibile ai biossidi di azoto è più alto in Lombardia (quasi 130 decessi ogni 100.000 ab.). La Toscana presenta un tasso più basso, pari a circa 30 decessi ogni 100.000 abitanti.
  • 1.858 decessi sono risultati attribuibili all’esposizione all’ozono nel periodo più caldo tra aprile e settembre. Il tasso di mortalità è abbastanza uniforme tra le regioni italiane ed oscilla tra i 4-5 decessi ogni 100.000 abitanti.
Tra le conseguenze sanitarie indotte dall’inquinamento dell’aria si devono computare anche i ricoveri ospedalieri, gli accessi al pronto soccorso, in particolare per patologie respiratorie dei bambini e anziani, oltre agli episodi di riacutizzazione dell’asma e di altri problemi respiratori.

Decessi per cause non accidentali attribuibili al Pm2.5 per 100.000 residenti per macro area geografica e regione (Ministero della Salute, 2015)
italia decessi PM2,5

4.  I blocchi del traffico servono?
I documenti sulla mobilità sostenibile in Italia evidenziano elementi di criticità strutturali, che gli esperti suggeriscono di affrontare con politiche e strategie altrettanto strutturali ed integrate.
Secondo Eurostat, l’Italia ha un tasso di motorizzazione (veicoli per 1.000 abitanti) costantemente tra i più alti nei Paesi EU-27, raggiungendo nel 2012 il primato assoluto con 621 veicoli ogni 1.000 abitanti, valore decisamente elevato rispetto ai 430 della Germania o ai 496 della Francia. Anche il ritardo infrastrutturale, e la carenza di strategie di programmazione integrate sono ben documentati nel nostro Paese, ancora in affanno rispetto alla mobilità più sostenibile realizzata in altri Paesi.
D’altra parte, come abbiamo visto, il contributo maggiore alle emissioni di PM proviene dal settore del riscaldamento domestico. L’aumento dell’utilizzo delle stufe a legna, anche indotto dalla crisi economica, ha ulteriormente incrementato il contributo del settore alle emissioni totali. Come suggerito da linee di indirizzo internazionali, anche in questo ambito sono auspicabili politiche locali mirate alla regolamentazione dell’uso e della qualità degli impianti di riscaldamento domestico, sia pubblici che privati.
La rincorsa dei sindaci ai vari interventi emergenziali sulla mobilità, seppur globalmente poco efficaci, può trovare una sua giustificazione per affrontare alcune situazioni che effettivamente in alcune zone del Paese, soprattutto in Pianura Padana, hanno raggiunto livelli preoccupanti. Tali misure, però, siano esse targhe alterne o blocchi più o meno totali del traffico, non possono giustificare rinvii di interventi più complessi, su più livelli e prolungati nel tempo.

Il rischio da evitare è che, passata l’emergenza, si dimentichi il problema.. almeno fino al prossimo inverno.