Infezioni da germi multi-resistenti, qual è la situazione in Italia? ARS Toscana incontra il prof. P. Viale e il dott. M. Sarti


immagine video infezioni  ARS NEWS - 07/07/2014
Quanti sono i casi di infezione da germi multi-resistenti? Come e dove si sviluppano queste infezioni? Come organizzarsi  per combatterle in modo più efficace? L’ARS Toscana ha incontrato il prof. Pierluigi Viale - infettivologo dell’Ospedale S. Orsola di Bologna - ed il dott. Mario Sarti – microbiologo dell’Azienda USL di Modena, Nuovo Ospedale S. Agostino-Estense - per approfondire il tema. I due esperti provengono entrambi da una regione, l’Emilia Romagna, che ha fatto e sta facendo molto per controllare le infezioni, con notevoli risultati.

Al prof. Viale e al dott. Sarti abbiamo chiesto innanzitutto se esiste oggi, in Italia, un’emergenza legata alle infezioni da germi multi-resistenti: entrambi hanno confermato che si tratta di un problema significativo sia per l’entità epidemiologica (incidenza) che per la valenza clinica delle infezioni causate da questi microrganismi (elevata mortalità, o comunque difficoltà a completare iter terapeutico per le altre patologie da cui sono affetti i pazienti). Come ha ribadito il prof. Viale, in Italia l’incidenza delle infezioni  è particolarmente elevata per alcune specie microbiche, rispetto all’Europa: misure più severe di infection control potrebbero sicuramente migliorare la situazione. Lo spettro di micro-organismi che causano infezioni in comunità, come ha chiarito Sarti, è solitamente più ampio di quello presente in ospedale, ma è comunque minore la prevalenza di infezioni da batteri multi-resistenti. Negli ultimi anni, però, anche in comunità sono purtroppo comparse infezioni da organismi multi-resistenti  e da batteri fino a pochi anni fa tipici dell’ospedale. Nelle residenze per anziani la situazione-infezioni è invece del tutto simile a quella in ospedale, ma con una prevalenza di batteri antibiotico-resistenti in molti casi addirittura più alta che in ospedale.


Con Viale e Sarti ci siamo poi confrontati  sulle strategie di contenimento dei batteri multi-resistenti e sulle opzioni terapeutiche. Negli ultimi 10 anni, da quando la Società americana malattie infettive lanciò l’allarme sulla carenza di “armi” per combattere i germi multi-resistenti con la famosa frase “Bad bugs, no drugs”, non è cambiato molto: come ci conferma il prof. Viale, purtroppo la ricerca non ha prodotto un farmaco “universale” in grado di risolvere tutti i problemi di multi-resistenza, né tantomeno possiamo aspettarcelo negli anni a venire. Quindi, accanto allo sviluppo clinico di molecole più innovative, che deve comunque proseguire, la ricerca dovrà lavorare per utilizzare in modo più efficace i farmaci già esistenti. E un ruolo non secondario può essere giocato dalle misure di prevenzione, come quelle di igiene e lavaggio delle mani, che purtroppo in Italia vengono meno utilizzate, rispetto all’Europa, anche dagli stessi operatori sanitari e che devono invece diventare una misura quotidiana. Da Sarti e Viale abbiamo  poi cercato di capire qual è l’asso della manica del “sistema Emilia-Romagna” nel controllo delle infezioni: le “armi vincenti” sono la grande qualità dell’organizzazione a livello centrale e un forte coordinamento fra tutte le figure professionali coinvolte nel problema delle infezioni.

Infine, ai nostri esperti abbiamo chiesto come si stanno evolvendo ruolo e professione dell’infettivologo e del microbiologo anche nella gestione delle resistenze. Secondo il prof. Viale è sempre più importante la trasversalità del ruolo dell’infettivologo: l’infettivologo deve diventare una figura di riferimento per tutto l’ospedale e di tutto il sistema, capace di gestire non solo il singolo caso infettivo (come fa da tempo) ma anche il governo, insieme alle altre figure coinvolte, dei farmaci anti-microbici (stewardship antimicrobica). Secondo il dott. Sarti è invece necessaria una riorganizzazione della rete dei laboratori di microbiologia per rispondere meglio alle esigenze di assistenza e raggiungere tre obiettivi fondamentali: un servizio erogato con maggiore continuità temporale (ad es. con l’attivazione di turni festivi), che produca risultati più accurati ed anche più tempestivi, in modo da garantire ai pazienti la massima continuità assistenziale.

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