La presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 possono ridurre il rischio di reinfezione? L'articolo su The Lancet


19/4/2021
E’ stato pubblicato su The Lancet l’articolo SARS-CoV-2 infection rates of antibody-positive compared with antibody-negative health-care workers in England: a large, multicentre, prospective cohort study (SIREN), che ha avuto l’obiettivo di indagare se la presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 era associata a una riduzione del rischio di reinfezione sintomatica e asintomatica durante 12 mesi di follow-up.

Lo studio SIREN (SARS-CoV-2 Immunity and Reinfection Evaluation) è uno studio prospettico di coorte condotto in tutto il Regno Unito tra il personale che lavora negli ospedali finanziati con fondi pubblici del National Health Service (NHS). Sono stati arruolati tutti gli operatori sanitari, il personale di supporto e il personale amministrativo che lavora nei centri ospedalieri partecipanti, in grado di fornire il consenso informato scritto e poter essere seguiti in un follow-up di 12 mesi.

Al basale e ogni 2 settimane sono stati inviati elettronicamente questionari che raccoglievano informazioni sui sintomi e sull'esposizione a SARS-CoV2. All'arruolamento e a intervalli regolari sono stati eseguiti il test degli anticorpi anti SARS-CoV-2 (ogni 4 settimane) e il test NAAT (Nucleic Acid Amplification Testing) con PCR in tempo reale (rtPCR) (ogni 2 settimane).

I partecipanti sono stati assegnati alla coorte positiva se veniva soddisfatto uno dei seguenti criteri:
  • anticorpi positivi all'arruolamento o anticorpi positivi da precedenti campioni clinici di laboratorio, con o senza un precedente test PCR positivo
  • anticorpi negativi all'arruolamento con un risultato PCR positivo prima dell'arruolamento
I partecipanti sono stati assegnati alla coorte negativa se presentavano un test anticorpale negativo e assenza di precedente e documentato test PCR o anticorpale positivo.

I partecipanti con test PCR negativo, ma in assenza di dati sul test anticorpale, sono stati esclusi da questa analisi perché i dati erano insufficienti per assegnarli a una coorte specifica.

Le reinfezioni sono state classificate come confermate, probabili o possibili, sulla base dei test sierologici, genetici e virologici. Un possibile caso di reinfezione è stato definito come un partecipante con due campioni PCR positivi a 90 o più giorni di distanza (sulla base di precedenti analisi di sorveglianza nazionale) o un partecipante positivo agli anticorpi con un nuovo test PCR positivo almeno 4 settimane dopo il primo risultato positivo agli anticorpi.

Sono stati definiti sintomi da COVID-19: tosse, febbre, anosmia o disgeusia 14 giorni prima o dopo il risultato positivo della PCR; mentre sono stati definiti come potenziali sintomi da COVID-19: mal di gola, rinorrea, mal di testa, dolori muscolari, affaticamento, diarrea, vomito o macchie rosse pruriginose.

A partire dal 18 giugno 2020 al 31 dicembre 2020, sono stati arruolati nello studio 30.625 soggetti, di cui 51 si sono ritirati, 4.913 sono stati esclusi, mentre 25.661 partecipanti sono stati inclusi. Nella coorte positiva, costituita da 8.278 partecipanti, sono state rilevate 155 infezioni. Nella coorte negativa, costituita da 17.383 partecipanti, sono state riscontrate 1.704 nuove infezioni con riscontro di positività alla PCR.

Per quanto riguarda le infezioni primarie, 1.369 (80,3%) di questi casi erano sintomatici all'infezione, 1126 (66,1%) presentavano sintomi tipici di COVID-19, 243 (14,3%) presentavano altri sintomi, 293 (17,2%) erano asintomatici e 42 (2,5%) non avevano completato il questionario nel momento in cui erano presenti i sintomi.

Per quanto riguarda invece le reinfezioni, 78 (50,3%) erano sintomatiche e 50 (32,3%) presentavano sintomi tipici di COVID-19. L’analisi dei dati dimostrava che una precedente storia di infezione da SARS-CoV-2 era associata a un rischio di infezione inferiore dell'84%, con effetto protettivo mediano osservato 7 mesi dopo l'infezione primaria.

Gli autori concludono che una precedente infezione da SARS-CoV-2 induce un'efficace immunità a future infezioni nella maggior parte degli individui, con livelli di protezione dall'infezione sintomatica simili a quelli dei nuovi vaccini autorizzati per adulti in età lavorativa e che tale immunità è protettiva anche contro la reinfezione dalla variante B.1.1.7. In questa coorte sono in corso ulteriori studi dettagliati sulla longevità delle risposte anticorpali, la valutazione dei tassi di reinfezione nell'ambito della sfida contro le nuove varianti e dell'efficacia di tutti i vaccini COVID-19 introdotti nel Regno Unito.

A cura di:

  • Caterina Silvestri, Agenzia regionale di sanità della Toscana
  • Cristina Stasi, Centro Interdipartimentale di Epatologia CRIA-MASVE, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, AOU Careggi




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