Nuova variante del coronavirus SARS-COV-2

A cura di: F. Gemmi


21/12/2020
La scoperta della nuova variante inglese del virus Sars-CoV2: perché il coronavirus è così variabile? Quante varianti sono state rilevate finora? Cosa può comportare la variante individuata in Gran Bretagna? La diffusione della nuova variante può mettere a rischio l’efficacia della campagna vaccinale che sta per iniziare?


Indice degli argomenti

La scoperta
 Perchè il coronavirus è così variabile?
 Quante varianti sono state rilevate fino a ora?
 Cosa può comportare la variante descritta in UK?
 La diffusione della nuova variante potrebbe realmente mettere a rischio l'efficacia della campagna vaccinale che sta per iniziare?


La scoperta 
Nelle scorse settimane, nell’area del Sud Est dell’Inghilterra è stato riscontrato un rapido incremento di casi di Covid-19: le indagini virologiche mirate hanno permesso di identificare in un notevole numero di pazienti di quell’area (più del 50% dei casi) la presenza di una nuova variante del virus SARS-COV-2, caratterizzata da multiple mutazioni della proteina ‘spike’, tramite la quale il virus si attacca ai recettori ACE 2 delle cellule per infettarle, che costituisce anche la struttura molecolare responsabile dell’aspetto a corona della particella virale.
La variante è indicata provvisoriamente con la sigla VUI 202012/01 (Variant Under Investigation, anno 2020, mese 12, variante 01).
Dalle indagini epidemiologiche preliminari risulterebbe una maggiore trasmissibilità (fino al 70% di incremento) del virus mutato, come riferito dallo European Centre for Disease Prevention and Control – ECDC, in un Rapid Risk Assessment pubblicato il 20 dicembre [1].
In Gran Bretagna sono state applicate maggiori limitazioni degli spostamenti dal 20 dicembre, per le prossime settimane, tra le aree maggiormente colpite: queste misure comprendono divieti di trasferimenti e viaggi, compresi quelli internazionali. Il governo scozzese ha annunciato un divieto di spostamenti tra la Scozia e il resto del Regno Unito dal 26 dicembre.

I Paesi Bassi hanno emesso un divieto agli arrivi dal Regno Unito a partire dal 20 dicembre 2020 fino all’1 gennaio 2021 e il Belgio ha interrotto i viaggi in treno e aereo nel Regno Unito per un periodo di 24 ore a partire dalla mezzanotte del 20 dicembre 2020. Anche in Italia, il Ministero della salute ha emanato il 20 dicembre un’ordinanza con cui ferma fino al 6 gennaio i voli dalla Gran Bretagna, blocca l’ingresso e impone tamponi diagnostici a chi sia stato in quel Paese negli ultimi quattordici giorni [2].


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Perché il coronavirus è così variabile

In tutti i virus a RNA, come i coronavirus, le mutazioni del genoma compaiono frequentemente (a tal proposito si veda l’articolo su IOZ di Parisio e Camarlinghi) [3]. La replicazione dell’RNA è almeno 1.000 volte più soggetta a errori rispetto a quella del DNA per la mancanza di meccanismi di riparazione molecolare: questo fatto è responsabile dei tassi di mutazione molto più elevati per i virus a RNA (che comprendono, oltre ai coronavirus, anche virus come HIV, Ebola e quelli dell’influenza). Ci sono tratti del genoma virale che codificano per costituenti antigenici critici, come quelli potenzialmente utilizzabili da anticorpi neutralizzanti nella risposta immunitaria: il virus HIV, per esempio, sfrutta questa elevata variabilità per eludere la risposta anticorpale. Una mutazione simile è responsabile dello shift antigenico nei virus dell'influenza, che porta all’insorgenza delle epidemie stagionali.
Questa nuova variante SARS-CoV-2 VUI 202012/01 è caratterizzata da mutazioni multiple della proteina spike (delezione 69-70, delezione 144, N501Y, A570D, D614G, P681H, T716I, S982A, D1118H) alle quali si assommano ulteriori mutazioni in altre regioni del genoma. Una delle mutazioni (N501Y) interessa il sito di legame con il recettore cellulare. Il cluster differisce per 29 basi nucleotidiche dal ceppo originale Wuhan: si presuppone che la nuova variante si sia originata per la somma di diverse mutazioni puntiformi, ma il meccanismo che le ha prodotte deve essere stato particolare, perché in condizioni normali i virologi presuppongono una velocità costante di sostituzione di circa due nucleotidi per genoma al mese (il cosiddetto “orologio molecolare”).
Tre sequenze dalla Danimarca e una dall'Australia, da campioni raccolti nel novembre 2020, presentano la variante britannica, indicano che molto probabilmente si è già verificata una diffusione internazionale, la cui entità è al momento sconosciuta.
Il numero insolitamente elevato di mutazioni della proteina a, altre proprietà genomiche della variante e l'elevata frequenza in Gran Bretagna suggeriscono che il nuovo ceppo non si sia originato per l'accumulo graduale di mutazioni in quell’unica area. Sono state avanzate diverse possibili ipotesi per l’origine della variante: una sarebbe l’infezione prolungata da SARS-CoV-2 in un singolo paziente, potenzialmente con immunocompetenza ridotta. In tali condizioni, l’infezione protratta può portare all'accumulo di mutazioni.
Un'altra possibile spiegazione riguarderebbe i processi di adattamento di un virus a una diversa specie animale suscettibile, con ritrasmissione agli esseri umani dagli animali (similmente a ciò che è stato rilevato in Danimarca, con la comparsa di una variante con mutazioni multiple della proteina spike durante la trasmissione tra i visoni). Il Regno Unito ha riferito all'ECDC e all'Ufficio regionale dell'OMS per l'Europa che per la VUI 202012/01 non esiste un chiaro legame epidemiologico con gli animali, quindi, in questo caso, tale spiegazione sarebbe meno verosimile.
Un’ultima possibilità è che la variante sia emersa nella circolazione del virus in paesi con attività di sequenziamento genico molto bassa. Secondo l’ECDC questa ipotesi sarebbe tuttavia meno convincente, poiché mutazioni casuali acquisite durante la circolazione del virus non potrebbero spiegare l’accumulo insolitamente alto di mutazioni della proteina spike (che avrebbe richiesto circa dieci mesi secondo le stime dell'orologio molecolare).

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Quante varianti sono state rilevate fino a ora?
Dopo il febbraio 2020, quando sono stati segnalati i primi casi di Sars-CoV-2 fuori dall'Asia, i genomi virali isolati presentavano mutazioni puntiformi diverse. In particolare, già a giugno erano state identificate tre mutazioni nei ceppi europei e altre tre diverse mutazioni in quelli del Nord America. In ottobre in Italia erano state riconosciute cinque varianti di SARS-CoV-2, identificate con le sigle 19A, 19B, 20A, 20B e 20C, presenti in tutto il territorio nazionale. Dopo il lockdown, le più frequenti risultano essere 20A e 20 B e 20 B [4].
Un rapporto dello Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) [5] a metà ottobre ha evidenziato la necessità di ulteriori ricerche sugli effetti delle nuove mutazioni. Il rapporto ha illustrato che solo nel Regno Unito potrebbero essere in circolazione centinaia di ceppi geneticamente distinti di SARS-CoV-2, alcuni provenienti da introduzioni di prima ondata e altri importati di recente. La maggior parte delle mutazioni non ha importanza dal punto di vista clinico ed epidemiologico, ma alcune mutazioni sembrano influenzarne la facilità di diffusione.

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Cosa può comportare la variante descritta in UK?
Come abbiamo visto, i virus cambiano costantemente e l'emergere di una nuova variante è un evento previsto e non motivo di preoccupazione di per sé.
Una diversificazione di SARS-CoV-2 dovuta all'evoluzione e ai processi di adattamento è stata osservata a livello globale.
La maggior parte delle mutazioni che emergono non fornirà un vantaggio selettivo al virus. Tuttavia, alcune mutazioni o loro combinazioni possono conferire al virus un vantaggio dal punto di vista evolutivo, come una maggiore trasmissibilità attraverso un aumento dell’affinità per recettore cellulare o la capacità di eludere la risposta immunitaria dell'ospite alterando le strutture della superficie cellulare implicate nella reazione anticorpale.
Le analisi epidemiologiche preliminari compiute in Gran Bretagna suggeriscono che la variante è significativamente più trasmissibile rispetto alle varianti circolanti in precedenza, con un aumento stimato dell’indice riproduttivo R di 0,4: questo porterebbe a un aumento della trasmissibilità stimata fino al 70%. Sono necessarie ulteriori indagini per comprendere il meccanismo biologico alla base di questo aumento.
La maggiore trasmissibilità aumenterebbe il rischio di diffusione in Gran Bretagna e in Europa, specialmente se i movimenti dei viaggiatori non venissero limitati: alla fine la nuova variante potrebbe a sostituire i ceppi attualmente in circolazione in gran parte dell'UE.
Un piccolo numero di isolati con la variante VUI 202012/01 è stato segnalato da Belgio, Danimarca e Paesi Bassi. Sui quotidiani italiani del 21 dicembre si pubblica la notizia dell’isolamento della nuova variante in una paziente rientrata nel nostro Paese dalla Gran Bretagna.
Inoltre, poiché la maggior parte dei paesi europei esegue percentualmente il sequenziamento del genoma in frazioni molto più piccole di isolati virali rispetto al Regno Unito, la circolazione effettiva di questa variante al di fuori della Gran Bretagna non può essere esclusa.

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La diffusione della nuova variante potrebbe realmente mettere a rischio l’efficacia della campagna vaccinale che sta per iniziare?
Una domanda ricorrente è se la diffusione del nuovo ceppo virale possa diminuire la protezione da parte dei vaccini che sono in procinto di essere utilizzati nella campagna d’immunizzazione di massa che sta per iniziare. I numerosi virologi e immunologi intervistati in questi giorni sembrano concordi nell’escludere che il nuovo ceppo possa in qualche modo sfuggire alla copertura assicurata dal vaccino in distribuzione e da quelli che saranno utilizzati in seguito. Anzi, poiché l’elevato tasso di circolazione dei virus aumenta di per sé la probabilità di insorgenza di nuove mutazioni, la comunità scientifica raccomanda di andare avanti speditamente con l’immunizzazione della popolazione. La caratterizzazione antigenica della nuova variante è in corso e i risultati sono attesi nelle prossime settimane.
La maggior parte dei nuovi vaccini candidati si basa sulla sequenza della proteina spike. È quindi essenziale monitorare i cambiamenti nella proteina spike tra i ceppi di SARS-CoV-2 circolanti e valutare i possibili cambiamenti antigenici. Sarà quindi importante effettuare la sorveglianza dell'efficacia sul campo dei vaccini COVID-19 in uso.
Va ricordato che l'immunità cellulare, assicurata dai linfociti T gioca un ruolo importante nella protezione e nell'eliminazione delle infezioni virali e anche nel COVID-19. L'immunità conferita dai linfociti T, sia dopo infezione da SARS-CoV-2 che a seguito della vaccinazione è attualmente in corso di valutazione, per meglio comprenderne il ruolo nell’immunità specifica di questa patologia.

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A cura di:
Fabrizio Gemmi, Agenzia regionale di sanità della Toscana